Eccomi qui seduto, all’età di sessantasette anni, per scrivere quello che potrebbe essere il mio necrologio. Lo faccio non solo perché il dottor Schilpp mi ha convinto a farlo, ma perché credo effettivamente che sia bene mostrare a chi opera accanto a noi come appaia retrospettivamente la nostra fatica e la nostra ricerca. Dopo averci riflettuto, capisco che qualsiasi tentativo del genere sarà sempre inadeguato. Per quanto breve e limitata possa essere la propria vita di lavoro, e per quanto grande sia la parte di essa sprecata in errori, esporre ciò che resta e merita d’essere detto è tuttavia difficile, perché l’uomo di oggi, che ha sessantasette anni, non è affatto lo stesso che ne aveva cinquanta, trenta, o venti. Ogni ricordo appare alla luce del presente, e quindi in una prospettiva ingannevole. Questa considerazione potrebbe addirittura fermarmi. Ma dalla propria esperienza si possono estrarre molte cose ancora ignote ad altre coscienze umane.
Incipit
Autobiografia scientifica