Alcuni anni fa uno dei pochi veri amici che ho, Arnaldo Bagnasco, mi chiamò per informarmi che voleva scrivere un libro su di me. «Dobbiamo vederci», fa, «e parlare un bel po’». «Passiamo notti intere e albe a raccontarci di tutto da che eravamo ragazzi, che cosa dirti che già non saprai?». Finii per dargli retta. Venne a cena a casa mia e cominciammo. Se io ricordavo un fatto vissuto insieme, lui interveniva raccontando un dettaglio che ne evocava un altro a me e avanti così, passandoci una palla che avrei creduto a scacchi bianchi e neri. Invece era di tanti colori, che cambiavano rotolando come fosse stata fotosensibile. Ricordavamo un’esperienza comune in due modi diversi, che parlando ne creavano un terzo, un quarto e avanti finché non finiva il whisky. Mi guardo le spalle, perché non so mai che cosa aspettarmi dal passato. E c’è chi vorrebbe leggere il futuro!
Incipit
Sapore di note