Venerdì 6 giugno a Richmond pioveva.
L’acquazzone incessante, cominciato all’alba, aveva infierito sui gigli riducendoli a nudi steli e sparso foglie sull’asfalto e sui marciapiedi. Rivoli d’acqua correvano per le strade; nei campi da gioco e nei prati si allargavano grandi pozze. Andai a dormire con il sottofondo della pioggia che scrosciava sulle lastre di ardesia del tetto e, mentre la notte sfumava nella nebbia dell’aurora del sabato, feci un sogno orribile. Al di là dei vetri della finestra striati di pioggia apparve un volto livido, dai tratti informi e inumani come quelli delle bambole fatte con le calze di nailon. La finestra era buia quando la sagoma apparve, simile a uno spirito maligno, intenta a scrutare all’interno. Mi svegliai e fissai l’oscurità. Soltanto quando il telefono squillò di nuovo capii cosa mi aveva destato. Trovai la cornetta senza annaspare.
Incipit
Postmortem