A J. Halford, Esq.
Caro Halford,
quando ci siamo visti l’ultima volta, mi hai fatto una narrazione molto minuziosa e interessante degli eventi più significativi della tua gioventù, accaduti prima che ci conoscessimo: e poi mi hai chiesto di ricambiarti con qualche confidenza. Non essendo in quel momento nello spirito adatto a raccontare storie, mi sono rifiutato, con la scusa di non aver niente da dire, e altre giustificazioni ugualmente evasive, da te ritenute del tutto inammissibili. Infatti hai cambiato immediatamente discorso, ma lo hai fatto con I’aria di chi, pur senza un lamento, è profondamente ferito; la tua faccia si è adombrata come se una nuvola l’avesse incupita, e questo sino alla fine del nostro colloquio e, per quanto ne so, la cupezza perdura; da quel momento infatti le tue lettere sono state contrassegnate da una certa qual freddezza e da un dignitoso, quasi malinconico riserbo, che mi avrebbero molto colpito se la mia coscienza mi dicesse che li merito.
Incipit
La signora di Wildfell Hall