Se vi è qualcosa di umoristico nella mia pittura, non è il risultato di una ricerca cosciente. Questo humour deriva forse dal bisogno di sfuggire al lato tragico del mio temperamento. È una reazione, ma involontaria.
Dipingere non è per me un divertimento decorativo, oppure l'invenzione di plastica di una realtà ambigua; ogni volta la pittura deve essere invenzione, scoperta, rivelazione.
Dipingere è uscire da se stessi, dimenticare se stessi, preferire l'anonimato a ogni cosa e rischiare talvolta di non essere in accordo con il proprio secolo e con i contemporanei.
Per le emulsioni e il mio olio emplastico, che possano dare alla materia della mia pittura sempre maggiore trasparenza e densità, sempre maggior splendore e fluidità, io mi perdo in sogni bizzarri davanti allo spettacolo della mia pittura e mi sprofondo in riflessioni sulla scienza della pittura e sul grande...
Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che fu nella preistoria. Riunisce l'uomo e il mondo. Vive nella magia.