Ci sono delle cose che mi piace di più fare, come i personaggi che parlano poco, che si tengono tutto dentro: perché ci sono ancora dei pudori che io come persona non sono riuscito a risolvere e questo tipo di ruolo mi permette di nascondermi, di non rivelare troppo.
Il corto (il film cortometraggio) lo si può paragonare al calcetto... in fondo non rischi molto.. al massimo le ginocchia. Il lungo invece è come il calcio. Qui si che te la rischi.
Non nascondo che mi piacerebbe interpretare un tipo buono, magari anche un po' ottuso, che sorride sempre alla vita. Ma non lo scrivono, o meglio, non lo propongono a me. Quello sarebbe davvero un bel lavoro d'attore.
Realizzare il corto mi ha dato l'occasione di avere un'altra prospettiva, ha in qualche modo completato il mio modo di lavorare. Veder lavorare gli attori è stato come trovarsi in uno psicodramma: guardi altri fare il lavoro che di solito fai tu, mentre ne stai facendo un altro. Non penso...
Molti dovrebbero lavorare per portare sullo schermo l'Italia di oggi, ce n'è molto bisogno e farlo in modo divertente può far passare meglio certi discorsi. Un film divertente può essere meglio accolto dal pubblico che può poi ragionare su quello che ha visto.
Sono stato fortunato, ho sempre trovato dei registi che lavorano sulla sceneggiatura insieme agli attori prima di iniziare le riprese. Avendo fatto molte opere prime non ho mai incontrato registi presuntuosi.
Non è sempre vero che dopo un corto c'è un lungo. Qui in Italia non è facile, gli incoraggiamenti produttivi sono pochi. Ho impiegato quattro anni per riuscire a realizzare il mio corto e non ci sono riuscito fino a quando non ci sono state le giuste contingenze. Girare un...