Per me è fondamentale avere qualcuno forte e talentuoso come Federer davanti. Roger è un tennista molto più completo di me: per batterlo ho dovuto migliorarmi, alzare l'asticella del mio tennis, tirare fuori il meglio. Lui, in questo, mi aiuta.
La mia qualità principale? La mentalità vincente. Nel tennis ti trovi mille volte indietro, ma devi lottare, diventare ancor più aggressivo, non avere paura. Sono sempre stato così, da quando avevo otto anni e vinsi i campionati delle Baleari under 12.
Ho la salute, gli amici, una bella famiglia. Ho molto più di quello che ho mai sognato. Sono felice. E vincere non cambia nulla. Trionfare a Parigi o a Wimbledon dà una gioia momentanea. E' quell'altra felicità, quella vera, che mi interessa.
Il tennis è uno sport pulito, facciamo moltissimi test antidoping: io ne faccio almeno venti all'anno. Ma non devono essere uno show, qualcosa di clamoroso e plateale.
Molte persone ci dicono, beh la vostra vita sembra fantastica, con tutti quei viaggi. Ma ad essere sinceri non abbiamo molto tempo per uscire e per fare quello che le persone "normali" fanno quando viaggiano. Solo in qualche rara occasione mi capita di uscire per fare il turista.
Ho il numero di telefono di Federer: ci conosciamo da tanti anni, ci sentiamo per felicitazioni, auguri, complimenti. C'è un rapporto cordiale, rispettoso. Quando nel 2009 ha vinto a Parigi, gli ho scritto: ero davvero felice per lui, perché se lo meritava.
C'è stato un momento in cui la mia testa è esplosa. Erano quattro o cinque settimane che giocavo una finale ogni settimana, con partite molto dure e con molta pressione. Tutto il giorno pensando alla stessa cosa. Arriva il momento in cui uno è stanco.