Io non penso che abbia davvero importanza chi fa una cosa o chi la firma. Il contenuto e l'immagine sono importanti. Si tratta di diffondere contenuto, sia esso qualcosa che si dice, un'idea o un'immagine. Alla fine, tutto appartiene a tutti.
Vi sono galleristi sicuramente dediti ai loro artisti e che mantengono intatta la loro capacità di imporre figure nuove e interessanti, ma che rimangono comunque abilissimi uomini - o in altri casi donne - d'affari. Anche se nella maggior parte dei casi il senso di libertà e la posizione etica...
Il mio grande problema è che io non possiedo una personalità e devo trovare dei modi per sopravvivere. Devo quindi cambiare idee e punti di vista continuamente.
Non è un Dio che sa la verità a parlare attraverso l'arte. Non c'è qui nessun divino invasamento, solo l'esercizio di un silenzio che permette di aprire gli occhi.
Ciò che faccio è forse difficile da interpretare. Non si presenta con un unico messaggio o un'unica spiegazione. Sicuramente, non dare una precisa definizione all'opera significa consentirle una vita più lunga.
Io guardo il mondo che mi circonda e con esso alimento il mio esercizio artistico. Me ne servo e lo uso. Non mi chiamo fuori e ne faccio una nervatura dei miei lavori. Tutto dovrebbe esserci familiare, ma poi tutto ci diventa estraneo.