"Vincere" sarà un film politico con una continua contaminazione della finzione con il repertorio. Il Mussolini del mio film ricorda l'Alessandro de "I pugni in tasca", che si realizza uccidendo madre e fratello.
Ero bambino alla fine degli anni Quaranta, anni in cui l'educazione cattolica era fondata sul terrore: della minaccia comunista e della morte. Non ricordo momenti di esaltazione del credente, ma solo una richiesta di martirio. Il messaggio che arrivava a noi bambini era questo: il comunismo avrebbe scristianizzato il mondo...
Anche chi, come me, si è formato con apparati tecnici molto pesanti, capisce che deve imparare a lavorare con mezzi più agili per arrivare a miniaturizzare lo sguardo. L'innovazione tecnologica ha cambiato l'approccio alla realtà, ci ha regalato uno sguardo fulmineo. Non possiamo non tenerne conto.
Fare cinema è qualcosa che riguarda un processo mentale e visivo, è un problema di originalità, di idee, di linguaggio e costruzione delle immagini che sono sempre al primissimo posto.
Nella vita sociale e politica non c'è niente di nuovo e non avendo più idee, il vuoto trova ospitalità naturale nei principi della carità, dell'assistenza e del soccorso.