Perché appartenevamo a mondi diversi e antitetici. Io con il sorriso e la gioia di fare atletica, lui sempre tormentato e sofferente: il più grande masochista della storia della velocità.
Scompare un asceta dello sport, interpretato sempre con ferocia, volontà, determinazione. Mennea è stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza. All'atletica italiana manca questa grande voglia di emergere e di mettersi in luce. Tra noi c'è stato un rapporto molto dialettico: per lui l'atletica era un lavoro,...
Dagli anni '80 in poi la politica ha via via vissuto lo sport in modo anomalo, meno formativo, più strumento d'immagine e sempre più come calcio. Quindi con le sue devianze: penso agli atteggiamenti di campanilismo spurio e poco sportivo.
L'America era la padrona del mondo. Era il 1960. Era l'Italia della ricostruzione, erano anni pieni di ideali, di spinta. Ci sentivamo tutti protagonisti di un progresso e di una creatività che invece adesso mancano. Ognuno di noi era artefice di un restauro del Paese, di un recupero di energie...
Era chiuso e scontroso. Incredibilmente suscettibile. Io ero Platone, lui Aristotele: agli antipodi. Del tormento ed estasi di Michelangelo, Mennea era solo tormento.