So di aver fatto del male prima di tutto a me stesso e quindi alla mia famiglia, alle mie figlie. Credo che in futuro imparerò a volermi più bene, a pensare di più alla mia persona.
Negli ultimi tempi in Italia ero come un bolide di Formula Uno che andava a trecento all'ora e non si fermava mai. Ma questo non importava a nessuno. Quando fui arrestato a Buenos Aires qualcuno che conta mi ha detto "E adesso, che dirà mio figlio?". Non gli fregava niente...
Tutti dicono: questo è stato il migliore del Barcellona, questo è stato il migliore del Real Madrid, questo è stato il migliore del Chelsea, questo è stato il migliore... Io sono orgoglioso di essere stato il migliore a Napoli.
Una volta lo sport era diverso e noi non eravamo solo gli ingranaggi di una macchina di immensi interessi economici, politici, industriali, di immagini.
Non me la sentivo più di essere un simbolo, di rappresentare qualcosa, di reggere tutto lo stress che procura questa macchina, questo calcio. Confesso la mia incapacità, la mia fragilità, anche se la mia presunzione, il mio orgoglio mi facevano apparire diverso.