Quando Alicia Markova venne a ballare alla Scala avrà avuto 45 anni. Le altre ragazze la chiamavano la vecchietta. Per me era fantastica. Che nobiltà, che incanto di piedini.
Ricordo una volta, alla Scala, venne Charlie Chaplin. Mi fece delle foto. Giorni dopo mi inviò tramite un autista una di quelle immagini firmate da lui e con la scritta “You are wonderful”.
Un paese senza cultura e arte, senza i mezzi per fare cultura e arte, è un paese che non si rinnova, che si ferma e non ha accesso a ciò che succede in paesi più importanti, negandosi così ad un futuro vero, autentico e soprattutto libero.
Mi considero fortunata per la carriera che ho avuto. E' stato difficile resistere, lottare, affrontare i momenti bui, andare oltre. E' stato fondamentale Beppe, che non mi è mai venuto meno perché non è stato soltanto il marito ma il compagno, l'intellettuale, il regista, l'ideatore di centinaia di occasioni e...
Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d'élite, relegato alle scatole d'oro dei teatri d'opera. E anche quand'ero impegnata sulle scene più importanti del mondo sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati...
La cultura serve alle presone che hanno 14 o 15 anni, e che hanno la necessità assoluta di apprendere da altre persone nozioni giuste che le mettano in condizioni per affrontare le nozioni, la morale della vita.
Facevo la spola tra New York e l'Italia proprio perché non riuscivo a fermarmi. Dagli anni Sessanta ho avuto un lungo contratto con l'American Ballet Theatre, ho lavorato con coreografi come Cranko o Balanchine. E poi Londra, Parigi, Monaco. Nei soggiorni in Italia avrei potuto starmene a casa. No: io...
Il mio non fu proprio un bell'esordio. Fui quasi scartata. A distanza di anni di lavoro, di danza appunto, sono sicura che ci debba essere qualcosa di innato che conduca a fare la ballerina.
Ho avuto un successo che a volte penso di non meritare, perché sono convinta che ci sia sempre da imparare. E ogni volta che arriva un riconoscimento ancora oggi resto sbalordita.
Ricordo bene le critiche velenose del mio ambiente: “Ma che ci vai a fare in Africa?” mi dissero una volta mentre mi preparavo per andare a Bari. Certo, erano anni diversi, le sfumature di razzismo erano più frequenti. Però non mi hanno mai perdonato lo spirito popolare. Eppure è quello...
è bravissima e la ringrazio per questo omaggioche mi diverte e che mi fa piacere. Sono andata a vedere il suo spettacolo a Milano: lei mi ha invitata sul palco e quando ho visto tutto il pubblico in piedi mi sono commossa.