I popoli dell’oriente erano sfruttati anche due o tre volte più crudelmente di quanto non lo fossero i popoli dei paesi capitalisti evoluti, e subivano un’oppressione nazionale e razziale da parte degli imperialisti. L’inasprimento dell’aggressione dell’Oriente da parte delle potenze imperialiste e l’accelerazione del processo di colonizzatone e di semi-colonizzazione dei paesi dell’Asia resero estremamente acute le contraddizioni di classe in questa regione. Il saccheggio da parte degli imperialismi stranieri, assieme allo sfruttamento da parte delle classi dominanti reazionarie indigene, divenne sempre più insopportabile. In questa regione si urtavano violentemente le contraddizioni tra le potenze imperialiste e tra i gruppi del capitale monopolistico, che si disputavano le concessioni coloniali e sue sfere d’influenza. In effetti, questa regione era il punto di convergenza di diverse contraddizioni che generano la rivoluzione; essa era l’anello più debole della catena del fronte imperialista e il teatro di scontri decisivi della lotta politica mondiale. L’Oriente divenne il centro della questione nazionale-coloniale.
[da un articolo pubblicato sulla Pravda il 16 aprile 1970]
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