Non era, il suo modo di colpire, un colpo di pennello di quelli che fanno godere l’autore. Ivan era un regolarista, e un picchiatore. Proprio per lui, mi venne da adattare il termine “regolarista”, che avevo coniato per Borg, in “regolarista d’attacco”. Se, da piccolo, ai tempi in cui era stato mondiale junior, Ivan si era limitato a rimandare, attendendo la palla buona per avventarsi con il diritto, via via andava migliorando la battuta, dall’alto di un metro e 86 ragguardevole per gli anni Ottanta. E, pian piano, abbandonava un rovescino tagliato e velenoso per una terribile sberla liftata, che non sarebbe servita soltanto a passare, ma anche ad attaccare. Dominato all’inizio dal ritmo superiore di Jimmy Connors, dalle volée e dai tocchi di John McEnroe, Ivan riuscì a riguadagnare un buon metro di campo ai due geni, per rendergli la vita difficile e spesso impossibile. Contro di lui, vincere di regolarità, o in palleggi aperti, era quasi impossibile. Rallentargli il gioco era impresa suicida. E bisognava allora attaccarlo. Un bel problema, perché Ivan passava quasi altrettanto bene di rovescio che di diritto.
[la Repubblica, 21 luglio 2009]
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