Si dice che ci sono quattro tipi di cavalli: eccellenti, buoni, mediocri e cattivi. Il migliore correrà piano o forte, a destra o a sinistra, secondo la volontà del cavaliere, ancor prima di vedere l’ombra della frusta; il secondo miglior cavallo farà tutto bene come il primo, ma un attimo prima che la frusta lo raggiunga; il terzo correrà quando avvertirà dolore sul corpo; il quarto correrà solo dopo che il dolore gli sarà penetrato fin nel midollo delle ossa. Immaginate un po’ quanto è difficile per il quarto cavallo imparare a correre! Ascoltando questa storia, quasi tutti vorremmo essere il cavallo migliore. Se non è possibile essere il migliore, vogliamo essere il secondo dopo di lui. È questo, credo, il modo consueto di intendere questa storia e lo Zen. Può darsi che pensiate che, sedendo in zazen, scoprirete se siete tra i migliori cavalli o tra i peggiori. Qui, tuttavia, ci troviamo di fronte a un fraintendimento dello Zen. Se pensate che scopo della pratica zen sia addestrarvi a diventare uno dei cavalli migliori, allora avrete veramente un grosso problema. Ma non è questo il retto intendimento. Se praticate lo Zen nel modo giusto non ha alcuna importanza che voi siate il cavallo migliore o peggiore. Se considerate la misericordia del Buddha, quale pensate sia l’atteggiamento del suo cuore nei confronti dei quattro tipi di cavalli? Egli avrà più simpatia per i peggiori che non per i migliori. Quando siete decisi a praticare lo zazen con la grande mente di Buddha, scoprirete che il cavallo peggiore è quello che vale di più. Proprio nelle vostre imperfezioni troverete la base per la vostra mente ferma, la mente che cerca la via.
Cit.
Mente Zen, Mente di principiante