Aforisma di Benedetto Croce Quando dopo il Sogno, si legge Romeo e Giuliett…

Quando dopo il Sogno, si legge Romeo e Giulietta, par di non essere usciti da quell’ambiente poetico, al quale espressamente ci richiamano Mercutio, col suo ricamo fantastico sulla Regina Mab, e, quel che è più, lo stile, le rime e la generale fisionomia della breve favola. Tutti, parlando di Romeo e Giulietta, hanno provato il bisogno di ricorrere a parole e immagini soavi e gentili; e lo Schlegel vi ha sentito “i profumi della primavera, il canto dell’usignuolo, il delicato e fresco di una rosa mo’ sbocciata”, e lo Hegel ha pensato allo stesso fiore: alla “molle rosa nella valle di questo mondo, spezzata dalle rudi tempeste e dall’uragano”; ed il Coleridge, di nuovo, alla “primavera coi suoi odori, i suoi fiori e la sua fugacità”. Tutti lo hanno considerato come il poema dell’amor giovanile, e hanno riposto l’acme del dramma nelle due scene del colloquio d’amore attraverso il notturno giardino e della dipartita dopo la notte nuziale, nelle quali è stato scorto da taluni il rinnovarsi di forme tradizionali della poesia d’amore, l'”epitalamio” e l'”alba”.

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