E adesso io intreccerò per te favole diverse, in questo stile milesio, e accarezzerò le tue orecchie benevole con un dolce sussurrare – sempre che a te non dispiaccia dare un’occhiatina a un papiro egiziano scritto con la finezza propria di una cannuccia del Nilo – e allora resterai a bocca aperta, davanti a figure e sorti di uomini che si mutano in immagini diverse e che poi ritornano di nuovo nella forma precedente, scambiandosi tra loro. Cominciamo… «E questo chi è?» Te lo dico in due parole: l’Imetto in Attica, l’Istmo di Corinto, il Tenaro a Sparta, queste terre fortunate, celebrate in eterno in libri ancor più fortunati, ecco la mia antica stirpe; e lì, ragazzo alle prime armi, imparai la lingua greca. Più tardi, a Roma, pur se estraneo alla cultura dei Quiriti, mi diedi a coltivare la lingua locale, con enormi sforzi e senza la guida di nessun maestro. E perciò chiedo scusa in anticipo se, da rozzo parlatore quale sono, incapperò in qualche parola esotica e straniera; d’altra parte, anche questi cambiamenti di lingua ben si accordano con lo stile a cui sono dedito, un vero e proprio gioco di volteggio. Diamo inizio a una favola di origine greca. Sta’ ben attento, lettore: ti divertirai.
Incipit
Le metamorfosi