Incipit di “Le anime morte”, di Nikolaj Gogol Nell’androne d’una locanda della città di N., c…

Nell’androne d’una locanda della città di N., capoluogo di governatorato, entrò una graziosa, piccola vettura a molle, di quelle in cui viaggiano gli scapoli: tenenti colonnelli a riposo, capitani in seconda, proprietari di campagna che possiedono un centinaio d’anime di contadini: in una parola, tutti quelli che si dicono signori di mezza taglia. Nella carrozza sedeva un signore, che non era proprio un bell’uomo, ma non era neppure di brutto aspetto, né troppo grosso né troppo esile; non si poteva dire che fosse anziano, ma neppure, d’altronde, che fosse troppo giovane. Il suo arrivo non sollevò in città il minimo scalpore, e non fu accompagnato da alcunché di singolare: solo due mužík russi, piantati sulla porta d’un’osteria di faccia alla locanda, fecero qualche osservazioncella, che si riferiva del resto piuttosto alla carrozza, che non a colui che vi sedeva dentro. – Non vedi? – disse uno dei due. – Guarda che ruota! Che dici, tu: ci arriverebbe quella ruota lí, mettiamo caso, fino a Mosca, o non ci arriverebbe? – Ci arriverebbe, – rispose l’altro. – Ma fino a Kazàn’, dico io, mica ci arriverebbe? – Fino a Kazàn’ non ci arriverebbe, – rispose l’altro; e con questo la conversazione ebbe termine. C’è ancora da aggiungere che nel momento in cui la carrozza s’accostava alla locanda, un giovanotto s’era trovato a passare, in bianchi calzoni di bambagino assai stretti e corti, con un frac che aveva grandi pretese di moda, e lasciava risaltare la pettina della camicia, chiusa da una spilla di Tula con pistola di bronzo. Il giovanotto s’era voltato indietro, aveva guardato la carrozza, s’era acchiappato con la mano il berretto, lí lí per volar via con una ventata, e se n’era andato per la sua strada.

Incipit

Le anime morte

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