Tutti nascono con qualche talento speciale ed Eliza Sommers scoprì presto di possederne due: un buon naso e una buona memoria. Il primo le servì per guadagnarsi da vivere e il secondo per potersene ricordare, se non con precisione, almeno con la poetica vaghezza degli astrologi. Quel che si dimentica è come se non fosse mai successo, e i suoi ricordi reali o illusori erano talmente tanti che per lei fu come vivere due volte. Diceva sempre al suo fedele amico, il saggio Tao Chi’en, che la sua memoria era come il ventre della nave su cui si erano conosciuti, buia e spaziosa, zeppa di casse, barili e sacchi in cui si erano accumulati gli episodi di tutta la sua esistenza.
Incipit
La figlia della fortuna