AL CORTESE LETTORE,
IPPOLITO PINDEMONTE
lo avea concepito un Poema in quattro Canti e in ottava rima sopra i Cimiteri, soggetto che mi parea nuovo, dir non potendosi che trattato l’abbia chi lo riguardò sotto un solo e particolare aspetto, o chi sotto il titolo di sepolture non fece che infilzare considerazioni morali e religiose su la fine dell’uomo. L’idea di tal Poema fu in me destata dal Camposanto ch’io vedea, non senza un certo sdegno, in Verona. Non ch’io disapprovi i Campisanti generalmente; ma quello increscevami della mia patria, perchè distinzione alcuna non v’era tra fossa e fossa, perchè una lapide non v’appariva, e perchè non concedevasi ad uomo vivo l’entrare in esso. Compiuto quasi io avea il primo Canto, quando seppi che uno scrittore d’ingegno non ordinario, Ugo Foscolo, stava per pubblicare alcuni suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri. L’argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a dispiacermi, ed io abbandonai il mio lavoro. Ma leggendo la poesia a me indirizzata, sentii ridestarsi in me l’antico affetto per quell’argomento; e sembrandomi che spigolare si potesse ancora in tal campo, vi rientrai, e stesi alcuni versi in forma di risposta all’autor de’ Sepolcri, benchè pochissimo abbia io potuto giovarmi di quanto avea prima concepito e messo in carta su i Cimiteri.
Incipit
I sepolcri