Incipit di “Foglie morte”, di Gabriel Garcia Marquez D’improvviso, come se un turbine avesse piantat…

D’improvviso, come se un turbine avesse piantato le radici nel centro del villaggio, arrivò la compagnia bananiera incalzata dalle foglie morte. Era un frascame ravvolto, riottoso, formato dalle mondezze umane e materiali degli altri villaggi; stoppie di una guerra civile che sembrava sempre più remota e irreale. Il frascame era implacabile. Tutto contaminava col suo ravvolto odore accalcato, odore di secrezione a fior di pelle e di recondita morte. In meno di un anno riverso sul villaggio le macerie di numerose catastrofi anteriori a se stesso, seminò per le strade il suo composito carico di mondezza. E quella mondezza, precipitosamente, al ritmo attonito e imprevisto della bufera, andava selezionandosi, individualizzandosi, fino a trasformare ciò che era stato un vicolo con un fiume a un’estremità e un recinto per i morti all’altra, in un villaggio diverso e complesso, fatto con la mondezza degli altri villaggi.

Incipit

Foglie morte

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