Persino mio zio Matteo si rallegrò a suo modo nel rivedermi. Quando un giovanotto è stato qualche anno all’estero, e un giorno torna, ed è diventato una persona decente, anche i parenti più circospetti sorridono e gli stringono lieti la mano.
La valigetta scura nella quale portavo i miei beni era nuova di zecca, con una buona serratura e cinghie lucenti. Conteneva due abiti puliti, sufficiente biancheria, un paio di stivali nuovi, libri e fotografie, due belle pipe e una piccola pistola. Avevo con me la custodia del violino e uno zaino pieno di cosucce, due cappelli, un bastone e un parapioggia, un mantello leggero e un paio di scarpe di gomma, tutta roba nuova e solida, e, per di più, cuciti nella tasca interna, avevo più di duecento marchi di risparmi e una lettera in cui mi si prometteva per il prossimo autunno un buon impiego all’estero. Portavo dunqueun discreto bagaglio e adesso, così equipaggiato, dopo lungo peregrinare tornavo da signore in quella patria che avevo lasciato come difficile e timido figlio.
Incipit
Bella è la gioventù