E te pur, dolce amico, e te pur prende
Del mio soffrir pietade; ed in me fitto
Lo sguardo, mostri che il dòlor ti fende
Di che misero io porto il coi- trafitto.
Né la virtù che agli altrui mali intende,
In te si spense al meditar lo scritto
Del fiero vate che in sentenze orrende
Di Farsaglia cantò l’alto delitto.[da Al sig. conte Francesco Cassi]
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