Io voglio ringraziare Travaglio, perché ha detto l’assoluta e pura verità. Assolutamente. La versione che ha dato degli avvenimenti è quella esatta.[…]Io ho conosciuto due Berlusconi: il Berlusconi imprenditore privato che comprò il Giornale – e noi fummo felici di venderglielo, perché non sapevamo come andare avanti – su questo patto: tu, Berlusconi, sei il proprietario de il Giornale, io, direttore, sono il padrone del Giornale, nel senso che la linea politica dipende solo da me. Questo fu il patto fra noi due. Quando Berlusconi mi annunziò che si buttava in politica, io capii subito quello che stava per succedere. Cercai di dissuaderlo[…]ma tutto fu inutile. Dal momento in cui lo decise mi disse: «Ora il Giornale deve fare la politica della mia politica». Ed io gli dissi: «Non ci pensare nemmeno». Allora lui riunì la redazione come ha raccontato Travaglio – e questo lo fece a mia totale insaputa – e disse: «D’ora in poi il Giornale farà la politica della mia politica». E a quel momento me ne andai, cos’altro potevo fare?[…]Nella mia vita ci sono stati due Berlusconi, completamente opposti[…]questo fa parte del ritratto di Berlusconi.[…]Come capo politico è quello che io ho conosciuto in quei brutti giorni in cui scorrettamente, nella maniera più scorretta e più volgare, saltandomi, radunò la redazione de il Giornale per dirgli «Qui si cambia tutto» all’insaputa del direttore. Se questo sembra a Feltri un modo di procedere democratico e civile, è affar suo.
[Risposta telefonica a Marco Travaglio e Vittorio Feltri durante la trasmissione Il Raggio Verde, 23 marzo 2001]
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