I nostri antenati avevano l’abitudine di tessere le lodi degli uomini che spiccavano per la conoscenza delle buone arti e soprattutto per intransigenza morale e fervore religioso, considerandoli cittadini benemeriti; e raccomandavano con attenzione e cura particolari i nomi degli uomini illustri alle opere letterarie e, per quanto possibile, all’immortalità. In questo modo possiamo interpretare la loro usanza: da una parte per rispettare nell’attribuzione dei premi il criterio dell’equità e della giustizia, virtù alle quali erano particolarmente dediti; dall’altra per attrarre e consolidare nell’esercizio della virtù i giovani valenti, in modo che essi diventassero utili alla patria e celebri presso i posteri; dall’altra ancora, per occupare il tempo libero, di cui forse avevano grande disponibilità in questa pratica dell’elogio, gradita e accetta a tutti.
Incipit
Canis (Il cane)