Lo vide per la prima volta sul treno dei pendolari, mentre leggeva un libro che lei aveva amato. Zoe cominciò a sbirciarlo ogni giorno, per un anno. Rimpiazzò i jeans con abiti eleganti, ma lui non staccava gli occhi dalla pagina. Una mattina lei gli si sedette davanti e lasciò cadere il biglietto del treno. Lui si chinò a raccoglierlo e glielo porse, senza smettere di leggere. Zoe era cocciuta e il giorno del suo compleanno, al momento di scendere alla stazione londinese di King’s Cross, si festeggiò mettendogli in mano una lettera in cui lo invitava a prendere un drink e gli lasciava la sua mail. Lui rispose soltanto la sera. Si chiamava Mark e si complimentava per il coraggio, ma rimbalzava l’invito perché non era certo che la sua fidanzata lo avrebbe gradito. Dal mattino dopo continuarono a fronteggiarsi sul treno facendo finta di niente, come solo due inglesi. Passarono così altri otto mesi e Mark scrisse la seconda mail: «Sono single da un po’ e ti penso: sarà tardi per quel drink?». Non era tardi. Nemmeno per stupirsi che Mark fosse veramente l’uomo che Zoe aveva immaginato. Si sono sposati, hanno fatto due figli e adesso un libro, che tra gli inglesi sta suscitando reazioni emotive smodate, persino lievi arricciamenti di naso. Beati loro. Sui carri merci dei pendolari italiani certi colpi di fulmine al rallentatore si possono solo fantasticare. Non che tra i nostri viaggiatori manchino le donne intraprendenti e qualche sparuto maschio che legge. Ma sono troppo impegnati ad arrivare in ritardo soltanto di un’ora per avere anche il tempo di innamorarsi.
Cit.
L’uomo del treno, ‘Il caffè’, Corriere.it, 27 settembre 2017