L’assenza di sofferenze, il soddisfacimento dei bisogni della vita e, come conseguenza, la libertà di scegliere le proprie occupazioni, ossia il proprio modo di vita, apparivano a Pierre, adesso, come l’indubbia e suprema felicità dell’uomo. Soltanto adesso, in quel luogo, Pierre aveva pienamente apprezzato, per la prima volta, il piacere di mangiare quando aveva voglia di mangiare, di bere quando aveva voglia di bere, di dormire quando aveva voglia di dormire, di stare al caldo quando aveva freddo, di conversare con qualcuno quando aveva voglia di parlare e di ascoltare una voce umana. Il soddisfacimento dei bisogni – cibo buono, pulizia, libertà – sembrava a Pierre, adesso che era privo di tutto questo, un’assoluta felicità, e scegliere le sue occupazioni, ossia il suo modo di vivere, adesso che tale scelta era così limitata, gli sembrava tanto facile da fargli dimenticare che l’eccesso delle comodità della vita distrugge ogni felicità connessa al soddisfacimento dei bisogni, e che la massima libertà di scelta delle occupazioni, quella libertà che nella vita gli era venuta dall’istruzione, dalla ricchezza, dalla posizione sociale, è proprio ciò che rende la scelta delle occupazioni così insolubilmente difficile e finisce col distruggere il bisogno e la possibilità stessa di trovare un’occupazione.
(IV, II, XII; 2006)
Cit.
Guerra e pace
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