Lei, Tess, non era un’esistenza, un’esperienza, una passione, un complesso di sensazioni per nessuno all’infuori che per sé stessa. Per tutto il resto dell’umanità, Tess non era altro che un pensiero fugace. Perfino per gli amici, non era altro che un pensiero che, forse, passava nel loro cervello più di frequente. Se anche di disperava giorno e notte, la maggior parte di loro avrebbe fatto solo questo commento: «Ah, vuole rendersi infelice».[…]La massima parte della sua infelicità nasceva dalla sua situazione nei confronti delle convenzioni sociali e non dalle sue sensazioni innate.
Cit.
Tess dei d’Uberville