Fomà Grigòr’evic aveva una sua particolare stravaganza: detestava a morte l’idea di raccontare due volte il medesimo racconto. Se riuscivi a farglielo ripetere, ecco che ci ficcava dentro qualcosa di nuovo, o lo rimpastava così che non potevi riconoscerlo. Un giorno uno di quei signori (per noi gente semplice è difficile pronunciarne anche il nome: i letterati, illetterati – che so? – basta, sono proprio come i mezzani da fiera; pitoccano, arraffano, rubano a piene mani tutto quello che capita, e poi stampano alla fine di ogni mese, o settimana, certi loro tomi, magri come sillabari), uno di quei signori dicevo, riuscì a carpire a Fomà Grigòr’evic la novella che segue.
Incipit
La sera della vigilia di Ivàn Kupàla