Incipit di “L’Aleph – La scrittura del Dio”, di Jorge Luis Borges Il carcere è profondo e di pietra; la sua forma…

Il carcere è profondo e di pietra; la sua forma, quella di un emisfero quasi perfetto, perché il pavimento (anch’esso di pietra) è un po’ minore di un cerchio massimo, il che agrava in qualche modo i sentimenti di oppressione e vastità. Un muro lo taglia a metà; esso benché sia altissimo non tocca la volta. Da un lato sto io, Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, che Pedro de Alvarado incendiò; dall’altro è un giaguaro, che misura con segreti passi uguali il tempo e lo spazio della prigione.

Incipit

L’Aleph – La scrittura del Dio

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